«Siamo stati per alcune settimane senza internet. C’era da aspettarselo viste le zone impervie che abbiamo attraversato e i percorsi che abbiamo scelto, evitando le aree urbane più battute per conoscere davvero il vero volto dell’Africa e per capire quanto il problema dell’inquinamento da plastica sia diffuso non solo nelle città ma anche nelle periferie».
Edo e Seba si sono lasciati alle spalle Mbeubeuss, la più grande discarica a cielo aperto dell’Africa occidentale e la seconda più grande al mondo. Solo sulla tabella di viaggio però… Perché certe immagini, certe storie, certi orrori non li dimentichi più: ti restano dentro.
Hanno attraversato Togo e Benin e sono entrati in Nigeria. Qui i rifiuti di plastica sono dappertutto: nei corsi d’acqua, nelle discariche, perfino in tutti gli angoli nascosti dei quartieri residenziali. La catena alimentare e la fauna ne risentono pesantemente. Lagos, la capitale della Nigeria, produce più di 13 mila tonnellate di plastica al giorno: viene abbandonata dappertutto, buttata nei corsi d’acqua, spesso bruciata e la popolazione non è cosciente del danno che ciò apporta alla comunità. L’amministrazione ha comperato bidoni per la raccolta delle plastiche, ma la maggioranza delle famiglie è troppo povera per acquistarli.
«Purtroppo, in Nigeria non abbiamo purtroppo potuto approfondire come avremmo voluto il discorso di riciclo plastica perché tutto ciò che ruota attorno a questo tema è ritenuto “pericoloso” dalle autorità del posto, come “pericolose” vengono definite le persone che operano in questo settore. In realtà noi abbiamo trovato persone molto disponibili e pronte ad aiutarci sia in Togo che in Benin e Nigeria, ma non abbiamo voluto sfidare la sorte addentrandoci in luoghi un po’ troppo esposti come appunto le discariche», racconta Sebastiano.
«Nonostante le difficoltà, siamo comunque riusciti a farci un’idea molto precisa della situazione legata all’abbandono di plastica in Nigeria, in Camerun e Congo che, in apparenza, sembra migliore rispetto a gran parte degli Stati che abbiamo attraversato ma la realtà è diversa perché viene tutto bruciato all’istante, creando un danno enorme all’ambiente», prosegue nel racconto Edoardo.
E infatti è così che stanno le cose. La Nigeria è un Paese povero e sovrappopolato. Si calcola che entro il 2050 ospiterà circa 400 milioni di abitanti. Le imprese occidentali che portano lavoro dall’estero portano anche un quantitativo sempre maggiore di plastiche e non esiste in questo momento una regolamentazione legale condivisa che costringa gli imprenditori a occuparsi adeguatamente dei rifiuti che i loro impianti producono. Nel continente africano la quasi totalità dei rifiuti viene conferita in discarica con impatti ambientali devastanti. L’adozione di un modello industriale efficiente improntato all’economia circolare consentirebbe di migliorare la qualità della vita delle persone e di supportare lo sviluppo sostenibile di questi territori. C’è un gap impiantistico enorme da colmare.
«La Nigeria è stata “terra difficile” anche per le nostre moto per perché le strade sono veramente pessime. Anche nell’attraversare la frontiera con il Camerun abbiamo trovato non poche difficoltà percorrendo 100 km di sterrato in due giorni per arrivare a Banjo che è il primo paesino del Camerun e poi dal Camerun siamo scesi verso il Congo. Prima però abbiamo dovuto fermarci in un piccolo paesino nel nord del Camerun, dove tutti gli abitanti ci hanno accolto a braccia aperte. I meccanici venivano nel nostro alberghetto per aiutarci ad aggiustare le moto, passavano tutti a portarci cibo ed a salutare. Siamo poi scesi verso Yaoundé, per compilare documenti e pratiche, dove abbiamo trascorso qualche notte nel giardino di una signora che ospita viaggiatori. Dopo il Congo è toccato all’Angola e il nostro viaggio continua», parola di Edo e Seba.