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Imballaggi e scatole di cartone: impatto ambientale

La logistica è uno dei settori più sensibili al tema della sostenibilità, diventato ancor più urgente a seguito della recente emergenza pandemica. Gli operatori di settore sono quindi portati ad approntare soluzioni in grado di ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività, sia per quanto riguarda il consumo di materiali e risorse sia in termini di abbattimento delle emissioni inquinanti. Uno dei nodi cruciali riguarda il packaging, ossia gli involucri utilizzati per la movimentazione dei prodotti, tanto all’interno quanto all’esterno dei siti di stoccaggio.

I due materiali più usati sono la plastica e il cartone, entrambi impiegati per produrre scatole, box contenitori (come quelli disponibili nel catalogo di iMilani) e involucri; alcune aziende hanno da tempo abbracciato politiche per ridurre l’uso della plastica, sostituendola parzialmente con packaging in carta o cartone. Questa scelta, però, non è necessariamente la migliore in assoluto: di seguito, vediamo qual è il reale impatto ambientale provocato dall’utilizzo del cartone per il packaging.

Impatto ambientale: emissioni di carbone

La riduzione delle emissioni inquinanti è uno dei motivi per cui molti e-commerce hanno varato politiche ‘plastic free’ o incentivato un maggior uso di packaging cartacei. I produttori di materiali plastici, però, sostengono che gli involucri e i contenitori in plastica sono più durevoli e comportano minori emissioni, sia per la produzione che per il trasporto; diversi studi confermano come produrre carta richiede in media il triplo dell’energia necessaria per lo stesso quantitativo di plastica. Secondo i dati diffusi da PAC WorldWide, una scatola di cartone corrugato produce emissioni di CO2 sei volte superiori rispetto a quelle di un involucro in plastica (in particolare, le “Bubble mailer”, le buste postali con il pluriball all’interno). In aggiunta, secondo il noto produttore americano di involucri e packaging, riciclare una libbra di plastica richiede il 91% in meno dell’energia necessaria al riciclo della stessa quantità di carta.

Secondo l’analisi comparativa condotta da PAC WorldWide, per produrre 10.000 scatole in cartone corrugato di formato 13”x19”x2” (circa 33x48x5 cm) occorrono 11 tonnellate di legno (73 alberi) e 108.000.000 BTU di energia, per la produzione, il trasporto e l’immissione in consumo. Le emissioni di CO2 sono di poco superiori alle 8 tonnellate.

Per la stessa quantità di “Poly bubble mailer”, invece, occorrono 3,48 barili di olio (incluso quello per produrre l’energia necessaria alla produzione) mentre vengono utilizzate 4.550.000 BTU di energia per la produzione, il trasporto e l’immissione in consumo. Le emissioni di gas serra sfiorano le 1,5 tonnellate di CO2.

Quali sono i numeri per il riciclaggio

In generale, in base ai parametri delle Analisi sul ciclo vita dei materiali (LCA, acronimo di Life Cycle Assessments), la plastica risulta avere, complessivamente, un impatto ambientale minore. I riscontri fondati sulle LCA prendono in considerazione soltanto le emissioni inquinanti mentre escludono altri fattori di rischio come, ad esempio, l’impatto ambientale del prodotto a fine vita nonché la produzione di eventuali sostanze nocive per l’uomo e l’ambiente. Inoltre, l’impatto sull’ambiente stimato dagli LCA si basa solo su sostanze vergini e non tiene conto dell’efficienza energetica della carta riciclata che risulta di gran lunga meno energivora (-70%) rispetto a quella prodotta da materia prima vergine.

La riciclabilità è un altro degli aspetti che, secondo un’opinione molto diffusa, rende carta e cartone più ecosostenibili rispetto alla plastica. In realtà, bisogna tener conto delle possibili contaminazioni – come nel caso dei packaging per uso alimentare – che di solito alterano in maniera irreversibile gli involucri cartacei (al punto da rendere difficile persino il processo di riciclaggio), mentre quelli in plastica possono essere sanificati e riutilizzati all’infinito.

Per quanto riguarda, nello specifico, il contesto italiano, secondo il report “L’Italia del riciclo 2021”, realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, insieme a FISE UNICIRCULAR e Unione Imprese Economia Circolare, nel 2021 l’Italia ha prodotto 3.245.000 tonnellate di carta e cartone per involucri e imballaggi, “per le quali ha raggiunto il terzo posto, con il 10% circa dei volumi totali europei, dopo Germania e Svezia”.

Il settore del packaging si conferma come il principale fruitore della carta prodotta in Italia; il report, infatti, sottolinea che “gli imballaggi immessi al consumo nel 2020 sono oltre 4,6 Mt”, un dato significativo nonostante le 22mila tonnellate in meno rispetto al 2019. Contestualmente il nostro paese “è il secondo principale utilizzatore europeo da carta da riciclare (10,9% dei volumi europei) dopo la Germania e prima della Francia”. A differenza di quanto possa sembrare, però, il riciclo della carta non è tanto virtuoso quanto sembra, dal momento che i report non sono basati sulla quantità di carta effettivamente riciclata ma solo sul tonnellaggio destinato agli impianti di riciclaggio. Purtroppo, però, spesso tali impianti si trovano in paesi a basso reddito del Sud Est asiatico, dove vengono semplicemente stoccati in discarica, con gravi ripercussioni sull’ambiente e la salute delle popolazioni locali.

Deforestazione

La produzione di carta, secondo i dati Greenpeace, provoca ogni anno l’abbattimento di 4 milioni di alberi, ovvero l’1% della Foresta Amazzonica. Le pratiche di deforestazione intensiva implicano non soltanto la distruzione di un patrimonio naturale insostituibile ma anche il depauperamento della biodiversità e l’aumento delle emissioni di CO2.

Anche la produzione di carta riciclata non è priva di ripercussioni sull’ambiente naturale; per garantire adeguati standard di durevolezza e qualità, in un foglio di carta riciclata va comunque aggiunto almeno un quarto di fibre naturali. Ragion per cui, molte aziende e operatori di e-commerce stanno cominciando ad utilizzare la carta certificata FSC (acronimo di Forest Stewardship Council) benché le fibre certificate siano ancora poche e non tutte le nazioni sono in grado di garantire la conservazione delle foreste naturali.

In base a quanto sottolineato fin qui si comprende la complessità del problema e quante siano le variabili da prendere in considerazione per implementare soluzioni realmente efficaci. Inoltre, la crescita esponenziale degli e-commerce non farà che aumentare il fabbisogno di materiali per involucri e confezioni di packaging monouso; queste rappresentano un fattore altamente significativo nelle stime di impatto ambientale, poiché tendenzialmente sono più difficili da riciclare correttamente (essendo di scarso valore, c’è una minore propensione verso un corretto conferimento e recupero dei materiali).

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